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18 giugno 2014 3 18 /06 /giugno /2014 21:07

Plus500

 

Importatori di greggio in grave difficoltà nelle ultime settimane, a seguito dell'aggravarsi della situazione in Iraq. L'ipotesi di un intervento degli Stati Uniti nell’area e gli sviluppi che si potrebbero propagare in tutto il Medio Oriente, vanno infatti a minare le future forniture di petrolio e di conseguenza pesare molto anche sull’andamento dei prezzi.

 

In quest'ultimo periodo si è assistito a notevoli acquisti sia sul Brent in Europa che sul Wti a New York, con prezzi che a Londra hanno raggiunto anche picchi di 115 dollari al barile, livello massimo degli ultimi nove mesi, mentre al Nymex hanno quasi sfiorato i 107 dollari, su livelli ormai prossimi a quelli dello scorso settembre.

 

Tutto ciò è dovuto alla crescente preoccupazione di nuovi possibili scontri in Iraq che hanno immediatamente allarmato i mercati dell'oro nero.

 

Notevoli ordini di acquisto sono pervenuti dalla “locomotiva cinese”, con l'obiettivo di avere sempre scorte sufficienti per riuscire ad affrontare al meglio eventuali cali nella produzione del greggio che potrebbero minare la crescita economica del paese.

 

Si è assistiti in pochi giorni ad un rincaro delle quotazioni di circa 6 dollari, non certamente poco in un così breve lasso di tempo.

 

La realtà è che oggi l’Iraq estrae 3,3 milioni di barili al giorno ed è il secondo produttore Opec dopo l’Arabia saudita. Il paese detiene il 9 per cento delle riserve mondiali di greggio.

 

Un patrimonio davvero ingente di risorse che bisogna scongiurare di lasciare in mano ad una guerra civile, premesso tutto ciò che ne deriverebbero anche sul piano umanitario.

 

Puntare solo sulla produzione saudita sarebbe oggi insufficiente per riuscire a colmare l’eventuale carenza dell'Iraq, alla quale bisogna aggiungere anche quella della Libia.

 

Per adesso i rincari delle quotazioni si sono bloccati, forse per la consapevolezza che i pozzi nel nord del paese sono controllati ancora dai curdi e quelli nel sud dal Governo centrale.

 

Purtroppo l’escalation delle violenze e dei disordini in Iraq andrà certamente ad influenzare le quotazioni petrolifere, che si prevede possano tornare rapidamente a crescere. Si vuole scongiurare un nuovo boom dei prezzi del petrolio che potrebbe avere riflessi significativi anche sull'inflazione.

 

Proprio quest'ultimo aspetto è particolarmente rilevante, in quanto si potrebbe assistere ad un ridimensionamento delle aspettative di nuovi allentamenti monetari da parte delle banche centrali. Ancora comunque appare troppo azzardato fare delle previsioni in merito, anche se gli scenari in corso non lasciano di certo dormire sonni tranquilli.

 

Nel frattempo il presidente americano, Barack Obama, ha dichiarato che ancora non sono state prese decisioni di come si muoveranno gli USA. In ogni caso il presidente ha già anticipato che per sopperire alle carenze di petrolio, gli altri stati del Golfo potrebbero dover aumentare la loro produzione.

 

I mercati comunque temono che se l'Iraq dovesse sprofondare nel caos, le quotazioni del greggio potrebbero registrare rilevanti e repentini rialzi.

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