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4 aprile 2018 3 04 /04 /aprile /2018 12:17

 

 

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4 aprile 2018 3 04 /04 /aprile /2018 12:16

 

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9 giugno 2017 5 09 /06 /giugno /2017 17:11

Plus500

 

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29 luglio 2014 2 29 /07 /luglio /2014 20:27

 

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23 luglio 2014 3 23 /07 /luglio /2014 17:43

 

 

Il petrolio in quest'ultimo periodo è stato protagonista sui mercati, a seguito delle variazioni repentine dei prezzi, influenzati da una serie di fattori. Oltre i dati fondamentali, quali il valore di scorte, della produzione e di consumo, anche gli scenari geopolitici, rappresentati in primis dalle tensioni e guerriglie in atto in Iraq e Libia.

Per quanto riguarda i dati fondamentali, sono venuti alla luce i numeri delle scorte, con i dati diffusi della EIA (Energy Information Administration) che ha evidenziato una riduzione di 7.53 milioni di barili, un valore di molto superiore alle attese di mercato.

 

Oltre ai dati prettamente numerici, la preoccupazione dei mercati negli ultimi giorni si è incentrata

 

sui conflitti in corso in diverse aree del mondo, essendoci una forte correlazione con i prezzi del petrolio: ci riferiamo a Libia ed Iraq.

 

In Libia la tensione crescente ha causato un rialzo dei prezzi di Brent e WTI, anche se ultimamente sta rallentando, dopo che i ribelli hanno riconsegnato al governo alcuni importanti siti, permettendo così la ripresa delle attività di estrazione ed esportazione. Ecco quindi che l'immissione di nuovo oro nero sul mercato ha in un certo modo calmierato le quotazioni. Questo per quanto riguarda il fattore libanese.

 

In Iraq purtroppo l'escalation di violenza sembra ancora non volersi fermare, e proprio con l'acuirsi degli scontri, i prezzi di WTI e Brent toccavano i massimi del periodo.

Occorre comunque osservare che la serie di attacchi registrata nel paese ha interessato soltanto la parte nord, non intaccando minimamente le regioni più a sud, dove in realtà è concentrata la maggior parte delle attività estrattive. Al momento non sembra esserci alcun rischio di una imminente interruzione di approvvigionamento proveniente da questi territori.

 

Il governo iracheno sa benissimo che la zona sud è il fulcro del paese per quanto concerne la capacità estrattiva dell'oro nero e pertanto presta molta attenzione al riguardo, disponibile a mettere in campo tutte le forze necessarie per proteggere un'area di vitale importanza per il paese.

Bisogna osservare come le notizie geopolitiche relative ad importanti aree produttive, provocano una notevole influenza sulle quotazioni del petrolio, le basi da cui partire per prevedere le tendenze dell'oro nero sui mercati.

 

Nel frattempo alcune principali banche d'affari hanno diffuso nuove stime ove si prevede un calo dei prezzi delle materie prime per l'elevato accumulo di scorte. Il Brent dovrebbe scendere a quota 100 $/bbl.

 

Ecco perché gli analisti ritengono che nel corso dei prossimi anni potremmo assistere ad una forte riduzione delle quotazioni delle commodities, con in testa proprio il petrolio.

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15 luglio 2014 2 15 /07 /luglio /2014 13:26

Dopo una sequenza negativa di ben nove sedute, interrotte lo scorso giovedì, le quotazioni del petrolio sono nuovamente andate giù sui mercati, registrando perdite superiori al 2 per cento, che hanno spinto i valori sia del Brent che del Wti ai minimi registrati nel corso degli ultimi due mesi.

Il brent è sceso sotto quota 107 mentre il Wti a 101 dollari al barile.

Proprio nei giorni scorso l'Aie (Agenzia internazionale per l'energia) aveva diramato i possibili rischi che stazionavano sui mercati, che “spaventavano” l'offerta a seguito della forte ripresa della domanda, che nel corso del 2015 dovrebbe crescere a ritmo serrato, tornando ai livelli del 2010.

Si stimano infatti +1,4 milioni di barili al giorno, pari ad un +1,5 per cento, a seguito delle maggiori richieste provenienti soprattutto della Cina.

Il paese asiatico nel frattempo sta gradualmente incrementando le proprie riserve strategiche. Sempre secondo quanto previsto dall'Agenzia internazionale per l'energia, nel secondo trimestre, la Cina dovrebbe aver incrementato le riserve di 800mila bg.

Nonostante le premesse, il trend discendente dei prezzi continua indisturbato sui mercati.

Nemmeno le ultime non confortanti notizie provenienti dall'Iraq hanno influito al riguardo, anche se risultano strettamente legate proprio al mercato dell'oro nero.

I curdi che ormai controllano da oltre un mese la città di Kirkuk, sono riusciti ad impossessarsi di altri due giacimenti, “sbarazzandosi” del personale presente sul posto e sostituendolo con propri uomini.

Ci riferiamo ai siti petroliferi di Bai Hassan e di Kirkuk. Quest'ultimo in passato disponeva di una capacità produttiva di 1,5 mbg, anche se attualmente non supera quota 250mila.

Ricordiamo che sul giacimento vige il contratto di servizio che Bp lo scorso settembre aveva stipulato con la North Oil Company (Noc), compagnia di proprietà dello stato. L'intento era di esaminare il sito e ricorrere a tutti gli accorgimenti necessari per portare nuovamente il giacimento alla capacità produttiva del passato. Ora tutto si è complicato a seguito del sequestro, operazione peraltro confermata da parte del governo regionale curdo ed anche da Baghdad.

Nel frattempo Erbil ha deciso di incrementare la sua produzione di greggio di oltre il 50 per cento nel mese di giugno. Secondo l'Agenzia internazionale per l'energia, si è passati da 230 a 360mila bg.

Per quanto concerne le previsioni future sull'andamento dei prezzi del petrolio sui mercati, si prevede una fase ciclica nel breve periodo al ribasso, dopo la violazione del supporto a 105 dollari per il Brent.

Primo livello di resistenza fissato intorno all'area 104-104,20 dollari, anche se i ribassi potrebbero giungere fino a 102,30-102,50 dollari. Per adesso comunque meglio attendere che si formino pattern grafici più chiari da interpretare, prima di muoversi sui mercati.

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10 luglio 2014 4 10 /07 /luglio /2014 19:35

 

La crisi procede inesorabile la sua marcia e i consumi energetici stanno crollando, addirittura dell'1,2% nell'ultimo trimestre. Eppure il prezzo del petrolio è pronto ad un vero e proprio rally. Le tensioni militari a Gaza, dove Hamas sta per subire una devastante (e sacrosanta) incursione da parte di Israele potrebbero infiammare l'intero medio oriente, che già sicuramente non è in pace, visto gli scontri che stanno turbando l'Iraq in questi giorni.

 

Anche dal lato del gas non possiamo sicuramente dire di poter stare sicuri visto che ci sono pesantissimi scontri in Ucraina e che Putin potrebbe reagire ai diversi schiaffi in piena faccia ricevuti dalla comunità internazionale chiudendo i rubinetti del gas e magari lasciando al freddo gli europei il prossimo inverno.

 

Insomma le tensioni sono fortissime e anche se la domanda cala (in Italia soprattutto) potrebbero far esplodere il prezzo. Incrociamo le dita e speriamo.

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7 luglio 2014 1 07 /07 /luglio /2014 19:55

 

Il Petrolio attira sempre più investimenti negli Stati Uniti, battendo qualunque record registrato in passato. Gli USA hanno di fatto conquistato la vetta della classifica dei produttori mondiali di oro nero. Proprio nel 2014, gli Stati Uniti hanno superato la Russia e l'Arabia Saudita, divenendo di fatto il maggior produttore di petrolio al mondo.

I dati provengono da un rapporto pubblicato da Bank of America-Merrill Lynch, in base al quale nel corso degli ultimi sei mesi, dai pozzi americani sono stati estratti oltre 11 mbg di barili al giorno di petrolio. Se a questi numeri viene aggiunta anche la produzione di biocombustibili, ecco che il dato complessivo supera i 12 mbg. Ecco il motivo principale per cui le quotazioni si sono comunque mantenute stabili nel corso degli ultimi mesi, nonostante le intense tensioni geopolitiche che si sono registrate durante questa prima parte del 2014, in Ucraina e Iraq in primis.

Una ottimale situazione in Nord America che è riuscita a contrastare al meglio l'irrequietezza degli ultimi giorni, soprattutto con riguardo al difficile e complicato momento che si sta vivendo in Iraq.

 

 

Proprio nei territori iracheni si è assistito alla avanzata dei guerriglieri sunniti, situazione che non sembra per adesso trovare alcuna soluzione. Secondo fonti locali, proprio lo Stato Islamico è riuscito a conquistare il più grande giacimento di petrolio oggi esistente in un altro territorio martoriato dalla guerra e dagli scontri, la Siria. Si tratta del sito di Al-Omar, che prevede una capacità di 75mila bg.

Nonostante ciò, l'impennata di oltre 11 dollari al barile del Brent, che verso la metà dello scorso giugno lo aveva portato ai massimi da 9 mesi, superando la barriera dei 115 dollari, al momento sembra essere rientrata. Nei giorni scorsi il brent ha chiuso su valori intorno ai 110 dollari.

 

Per quanto riguarda invece il Wti, si sono registrate una serie di sedute consecutive al ribasso, andando ad impattare verso quota 104 dollari al barile.

 

Hanno influito sulla discesa dei prezzi anche il recente annuncio della riapertura dei porti libici di Es Sider e Ras Lanuf, capaci di produrre complessivamente oltre 560mila bg.

Il mercato è comunque molto attento all'evolversi della situazione con riguardo soprattutto alla ormai prossima entrata in funzione dell'oleodotto Seaway, sempre negli Stati Uniti, un incremento di produzione che permetterà di portare a 850mila bg la capacità di trasporto di greggio tra l'Oklahoma ed il Texas.

 

Tutta una serie di motivi che permetteranno agli Usa di ridurre ancor di più la dipendenza energetica di oro nero dai paesi stranieri.

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30 giugno 2014 1 30 /06 /giugno /2014 14:12

 

 

Il consolidarsi delle tensioni in Iraq ha spinto nuovamente al rialzo il prezzo del petrolio, che ha toccato i massimi da nove mesi. Dopo che i sunniti hanno preso il controllo di tre città (Rawa, Ana e Rutba), sul mercato di Londra il greggio è aumentato di 15 centesimi di dollaro rispetto alla chiusura della scorsa settimana ed il barile di Brent ha raggiunto quota 114,96 dollari, toccando i massimi a 115,66 dollari.

 

Le tensioni geopolitiche in Iraq preoccupano i mercati per gli effetti negativi sulla produzione del greggio in Iraq, che secondo i dati attuali si aggirano intorno ai 2,6 milioni di barili al giorno.

A New York il barile di West Texas Intermediate (Wti) è stato registrato in rialzo di 19 centesimi, a quota 107,02 dollari a fronte dei 106,83 dollari al barile registrati nell'ultima chiusura.

 

La situazione in Iraq desta una preoccupazione crescente in quanto è evidente l'incapacità dell'esercito iracheno di contrastare efficacemente i ribelli, con i rialzi del Brent che hanno registrato incrementi di una intensità similare a quanto già rilevato durante l'estate del 2013, quando si profilavano all'orizzonte gli attacchi militari contro la Siria.

 

Ne consegue che lo spread tra Brent e Wti si è ulteriormente allargato, a seguito dell'ormai prolungato periodo di instabilità che si registra in tutto il Medio Oriente.

Gli analisti sono concordi nel sostenere che un blocco delle forniture, in qualsiasi località, obbligherebbe l'Arabia Saudita ad aumentare la produzione, arrivando a toccare i livelli massimi che si sono registrati nel corso degli ultimi 30 anni.

 

Per quanto riguarda le stime, nel secondo semestre dell'anno il Brent dovrebbe arrivare a toccare quota 120 dollari al barile, mentre il Wti dovrebbe raggiungere il suo massimo nel corso del terzo trimestre. Lo spread Wti-Brent infatti proprio nel terzo trimestre dell'anno, dovrebbe attestarsi intorno ai 7 dollari al barile, ma in alcune periodi tale differenziale potrebbe anche risultare annullato. Nell'ultimo trimestre del 2014 il Brent comunque dovrebbe performare meglio del Wti ed il differenziale Wti-Brent potrebbe anche allargarsi fino a ben 13 dollari.

 

Tuttavia gli economisti sono convinti nel sostenere che soltanto nel caso in cui il Brent oltrepassasse la soglia dei 140 dollari al barile, si registrerebbero pesanti ripercussioni per l'economia globale. Per adesso si rileva un livello molto lontano da tali valori, ma in ogni caso il prezzo del petrolio andrà monitorato con particolare attenzione nel corso dell'anno.

 

Occorre comunque sottolineare che i fatti iracheni avvengono dopo una fase in cui i mercati hanno già risentito di tensioni geopolitiche in altri territori stretegici come la Libia e l'Ucraina, e tra gli effetti più tangibili a breve, l'incremento dei prezzi dei carburanti proprio in corrispondenza della stagione estiva.

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18 giugno 2014 3 18 /06 /giugno /2014 21:07

Plus500

 

Importatori di greggio in grave difficoltà nelle ultime settimane, a seguito dell'aggravarsi della situazione in Iraq. L'ipotesi di un intervento degli Stati Uniti nell’area e gli sviluppi che si potrebbero propagare in tutto il Medio Oriente, vanno infatti a minare le future forniture di petrolio e di conseguenza pesare molto anche sull’andamento dei prezzi.

 

In quest'ultimo periodo si è assistito a notevoli acquisti sia sul Brent in Europa che sul Wti a New York, con prezzi che a Londra hanno raggiunto anche picchi di 115 dollari al barile, livello massimo degli ultimi nove mesi, mentre al Nymex hanno quasi sfiorato i 107 dollari, su livelli ormai prossimi a quelli dello scorso settembre.

 

Tutto ciò è dovuto alla crescente preoccupazione di nuovi possibili scontri in Iraq che hanno immediatamente allarmato i mercati dell'oro nero.

 

Notevoli ordini di acquisto sono pervenuti dalla “locomotiva cinese”, con l'obiettivo di avere sempre scorte sufficienti per riuscire ad affrontare al meglio eventuali cali nella produzione del greggio che potrebbero minare la crescita economica del paese.

 

Si è assistiti in pochi giorni ad un rincaro delle quotazioni di circa 6 dollari, non certamente poco in un così breve lasso di tempo.

 

La realtà è che oggi l’Iraq estrae 3,3 milioni di barili al giorno ed è il secondo produttore Opec dopo l’Arabia saudita. Il paese detiene il 9 per cento delle riserve mondiali di greggio.

 

Un patrimonio davvero ingente di risorse che bisogna scongiurare di lasciare in mano ad una guerra civile, premesso tutto ciò che ne deriverebbero anche sul piano umanitario.

 

Puntare solo sulla produzione saudita sarebbe oggi insufficiente per riuscire a colmare l’eventuale carenza dell'Iraq, alla quale bisogna aggiungere anche quella della Libia.

 

Per adesso i rincari delle quotazioni si sono bloccati, forse per la consapevolezza che i pozzi nel nord del paese sono controllati ancora dai curdi e quelli nel sud dal Governo centrale.

 

Purtroppo l’escalation delle violenze e dei disordini in Iraq andrà certamente ad influenzare le quotazioni petrolifere, che si prevede possano tornare rapidamente a crescere. Si vuole scongiurare un nuovo boom dei prezzi del petrolio che potrebbe avere riflessi significativi anche sull'inflazione.

 

Proprio quest'ultimo aspetto è particolarmente rilevante, in quanto si potrebbe assistere ad un ridimensionamento delle aspettative di nuovi allentamenti monetari da parte delle banche centrali. Ancora comunque appare troppo azzardato fare delle previsioni in merito, anche se gli scenari in corso non lasciano di certo dormire sonni tranquilli.

 

Nel frattempo il presidente americano, Barack Obama, ha dichiarato che ancora non sono state prese decisioni di come si muoveranno gli USA. In ogni caso il presidente ha già anticipato che per sopperire alle carenze di petrolio, gli altri stati del Golfo potrebbero dover aumentare la loro produzione.

 

I mercati comunque temono che se l'Iraq dovesse sprofondare nel caos, le quotazioni del greggio potrebbero registrare rilevanti e repentini rialzi.

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